CAVOLO SELVATICO
(Brassica montana)
LO SPAZIO DI FABIO - rubrica curata da Fabio Frigeri
22 agosto 2012

(f.f.) il cavolo montano è una pianta commestibile con bella fioritura come tutte le congeneri. È presente saltuariamente sui nostri monti e sale fino a 1200 metri di quota. Essa si trova in poche altre zone in Europa per cui meriterebbe di diventare pianta protetta.

IL GENERE BRASSICA

Famiglia Cruciferae

Brassica L. fu classificato da Linneo nel 1753.

Il nome generico Brassica deriva dal latino brassĭca, ae e brassĭcum, i (= cavolo). Il termine fu poi soppiantato da caulis (cōlis)[1], is (= stelo, gambo, cavolo) dal quale deriva la parola italiana cavolo usata per il più importante esponente del genere.

Il genere Brassica comprende piante erbacee annuali, bienni o perenni. Il numero delle specie varia da 30 a 60 secondo le diverse classificazioni, esistono poi numerosissimi ibridi e varietà coltivate.

Esse hanno foglie glauche molto grandi riunite in rosette basali, i fiori hanno quattro petali di colore bianco o giallo e il frutto è una siliqua. Queste piante sono originarie dell’Europa centrale e meridionale, dell’Asia centrale e dell’Africa settentrionale, poi si sono diffuse in tutto il mondo per la loro importanza economica e alcune specie si sono anche inselvatichite.

Molte specie vengono coltivate ai fini alimentari come il cavolo (Brassica oleracea), la colza (Brassica napus), la rapa (Brassica rapa), il ravizzone (Brassica campestris), la senape (Brassica alba). Si utilizzano, secondo la specie, varie parti della pianta come le foglie, i fiori, le radici, i fusti e i semi.

Non sono piante di alto valore nutritivo, ma sono ricche di vitamina C, sali minerali, fibre e contengono composti con proprietà antitumorali.

BRASSICA MONTANA

Brassica montana

Brassica montana Pourr.

Classificata da Pierre André Pourret[2] nel 1788.

Conosciuta anche come: Brassica oleracea L. subsp. robertiana (Gay) Rouy et Fouc.

Conosciuta volgarmente come: cavolo selvatico, cavolo delle rupi, cavolo di San Viano (locale)

Il nome specifico montana deriva dal latino montānus, -a, -um (= montano, di montagna) in riferimento all’habitat. In realtà la specie vegeta sulle rupi dalla fascia litoranea alla bassa montagna, ma sempre in zone umide e relativamente calde.

Questa specie è strettamente imparentata con il comune cavolo (Brassica oleracea L.) di cui è stata considerata una sottospecie. In realtà è pianta distinta con la parte inferiore del fusto lignificata, inoltre ha portamento camefitico suffruticoso ed è specie perenne con suo habitat ben definito.

Il comune cavolo, coltivato sin dall’antichità, è pianta a gran diffusione per le sue proprietà alimentari e se ne conoscono tantissime sottospecie e varietà (tra cui broccolo, cappuccio, cavolfiore, cavolo di Bruxelles, cavolo nero, verza).

Il cavolo non è ricco di zuccheri e proteine per cui è un cibo povero[3], ma contiene molti sali minerali, fibre e, se fresco, ha un alto contenuto in vitamina C e per questo fu molto usato nelle lunghe navigazioni per prevenire lo scorbuto. È quindi un cibo che sazia e che unito a legumi e carboidrati costituisce un pasto equilibrato. Inoltre contiene molecole con attività antitumorale. Ha però il difetto di concentrare metalli pesanti e tossici eventualmente presenti nel suolo.

Al cavolo sono riconosciute proprietà medicamentose come antiemorragico, antinfiammatorio, antisettico, ha proprietà depurative ed emollienti. Per i romani la pianta era considerata una vera e propria panacea.

Molte leggende riguardano il cavolo. In una di queste si dice che il Licurgo, re di Tracia, distrusse le vigne del suo podere offendendo in questo modo il dio Dioniso al quale esse erano sacre. Il dio irato lo punì con terribili torture e con la morte e dalle sue lacrime sarebbero nati cavoli che da allora furono ostili alla vite. Questa leggenda è legata alla credenza popolare che il cavolo nuoccia alla vite e per questo le foglie di cavolo erano usate contro l’ubriacatura.

Il cavolo selvatico è specie mediterranea, piuttosto rara, presente dalla costa fino alle rupi montane. Ha fusti legnosi alla base dove si inseriscono grandi foglie commestibili e può raggiungere i due metri di altezza.

Questa specie è presente in Spagna, Francia e Italia, in alcune zone essa è protetta o attentamente monitorata. Infatti alcune popolazioni sono vicine ai centri abitati e quindi sono a rischio di contaminazione genetica da parte delle specie coltivate. Altri pericoli vengono dall’erosione del suolo e dal bestiame che gradisce molto questa pianta.

Il suo areale è molto frammentato e la sua presenza in quota (Alpi Apuane e qualche stazione appenninica) ha carattere relittuale come altre specie di origine tardo-terziaria.

In Toscana è Brassica montana è presente solo sulle Alpi Apuane dove raggiunge i 1200 metri su rupi calcaree ben soleggiate.

È conosciuto come cavolo di San Viano nella zona di Campocatino e di Vagli. Infatti il santo, che viveva in un eremo nei pressi di Campocatino, si nutriva di questo cavolo che spontaneamente vegeta in quei luoghi aspri e rocciosi alle falde della Roccandagia.

In questi luoghi questo cavolo era coltivato, oltre che per l’alimentazione, anche come panacea contro i vari malanni e come protezione magica.

Ancora oggi è tradizione raccogliere il cavolo in occasione della festa di San Viano il 22 maggio.

Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[4]:

126. – Brassica oleracea – L. [Brassica montana Pourr.]

(luoghi in cui è stata osservata:) estesamente coltivato in tutta la provincia in numerose varietà [Pellegrini si riferisce ovviamente a Brassica oleracea in senso stretto, cioè il comune cavolo]. Allo stato spontaneo in pochi esemplari tra i ravaneti delle Madielle lungo il fosso omonimo e in quello del Banditello nella valle di Antona presso Massa.

Fiorisce in aprile e maggio. Pianta biennale.

Pellegrini cita un’altra specie dello stesso genere: Brassica rapa L.

LA PIANTA

Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta; Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Dillenidae; Ordine: Capparales; Famiglia: Brassicaceae; Genere: Brassica; Specie: Brassica montana

Forma biologica: Camefita suffruticosa (simbolo: Ch suffr). Camefita (simbolo Ch): piante perenni e legnose alla base, con gemme svernanti poste ad un'altezza dal suolo tra i 2 ed i 30 cm. Suffruticosa (simbolo: suffr): le parti erbacee seccano ogni anno e rimane in vita la parte legnosa.

Descrizione: pianta erbacea perenne con la parte inferiore del fusto lignificata con corteccia grigiastra. Il resto del fusto è erbaceo, cavo e succulento. Raggiunge da 30 a 100 centimetri di altezza, ma può essere anche più alta. Le foglie basali sono grandi anche oltre 30 cm sono verde-glauco e un po’ carnose e hanno margine più o meno profondamente inciso. I fiori sono raccolti in racemi molto ricchi di fiori e sono terminali ai numerosi rami formati dal fusto. I fiori hanno quattro petali lunghi circa 2 cm e sono di colore giallo intenso. Il frutto è una siliqua lunga fino a 8 cm.

Antesi: febbraio – maggio.

Tipo corologico: steno-mediterraneo. È presente dalla Catalogna alla Toscana e in alcune stazioni appenniniche fino alla Calabria.

Habitat: rupi calcaree e gessi dal piano fino a 1200 metri sulle Alpi Apuane.

Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette, ma sarebbe bene inserirla.

Altre foto possono essere consultate qui

 

Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.



note

1 Nel dialetto di Carrara il colo o col è il cavolo, quindi anch’esso è termine di derivazione latina.

2 Pierre André Pourret (Narbonne 1754 – Santiago di Compostela 1818) fu prete e botanico francese che svolse le sue ricerche in Francia e in Spagna. La maggior parte della sua attività la svolse a Narbonne, poi fu costretto a fuggire in Spagna a causa della Rivoluzione francese. Fu pioniere nell’uso della denominazione binomiale di Linneo. Il suo campo preferito di studio fu la flora mediterranea a molte piante della quale diede il nome scientifico. Le sue raccolte sono conservate nell’Università di Madrid.

3 Per questo il cavolo è diventato, nel linguaggio comune, simbolo di cose di scarso valore.

4 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 38-39.