Paesi e Borghi Apuani a cura di Giuseppe Volpi
QUATTRO CHIACCHIERE CON MARIO CONTI, GUIDA A RESCETO

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12 Agosto 2012

Non è una via e non è neppure un vicolo, quello che si stacca dalla carrabile di Resceto e conduce alla piccola aia della casetta in pietra, tra le più alte di un piccolo gruppo di abitazioni, abbarbicato sulle prime pendici del Castagnolo, che dà il benvenuto al paese.Mario Conti

Non è una via né un vicolo ma un semplice sentiero tra piccoli terrazzamenti strappati alla montagna per ricavare altrettanto piccoli orticelli, un sentiero proprio come i tanti che hanno calpestato i piedi di chi abita in quella casetta, Mario Conti, ultimo rappresentante di tre generazioni di guide di Resceto.

Da maggio ad ottobre, Mario, sfuggendo alla calura ed alla confusione di San Leonardo di Massa, dove vive per il resto dell’anno, si rifugia con la moglie Elisa, qui, a Resceto, a rivedere i suoi monti e, come dice lui stesso a vivere e a rivivere i propri ricordi.

Ha 86 anni oggi Mario, ma se li porta proprio bene, bene come ha sempre portato in giro le persone in montagna, a far loro assaporare l’aria fresca e pulita delle vette Apuane o quella più calda e polverosa delle cave che ne squarciano i fianchi.

Ci accolgono con la cortesia tipica della gente di montagna, Mario e sua moglie Elisa, e, nonostante abbiano già il tavolo della cucina apparecchiato per la cena, ci fanno accomodare e si siedono con noi al fresco, nella piccola aia che fa da balcone, affacciata su un meraviglioso e selvaggio angolo delle Apuane.

E' di compagnia la nostra guida alpina e non si fa fatica a prendere confidenza con lui; fedele a quanto ci ha appena detto, cioè che viene qui a rivivere i propri ricordi, appare chiaro che li rivive con grande soddisfazione, seppur a volte velata dal rimpianto della vita che fugge e che scorre sempre troppo veloce.

E, così, eccolo lì ad illustrarci quello che offre alla nostra vista quel cantuccio di Apuane sopra di noi.

Restiamo in silenzio ad ascoltare, anche se naturalmente quei posti ci sono noti, mentre ci indica la Vandelli, la lizza Silvia, il Piastrone, il Padulello, la Focolaccia, il Bivacco Aronte, quasi una seconda casa della sua famiglia, e, prosegue, indicandoci, cosa che invece non conoscevamo, dove dovrebbe trovarsi più o meno, il “Par del Balin”, luogo dove la sua bisnonna, madre di Giovanni, partorì uno dei suoi figli. Tornava, la Celeste, da Gramolazzo, in Garfagnana, dove il marito Ignazio Conti, pastore, era solito condurre le greggi nella bella stagione, e mollò lassù, al “Par del Balin”, il cesto con le forme di formaggio che portava con sé, mise il figlio al mondo, lo avvolse nel suo capace grembiulone e se lo portò a casa, a Resceto, quel fratello di Giovanni, nonno di Mario...

...Eh, sì, nonno Giovanni, prosegue Mario... e, al ricordo, gli ritorna il sorriso, forse lo stesso che aveva quel bambino di 6-7 anni, quando nonno Giovanni gli raccontava di quella volta che era andato, di notte, alla stazione di Massa ad aspettare, seminascosto nel buio di un portico per ripararsi dalla pioggia, che i “fiorentini” scendessero dal treno, per portarli a spasso sui suoi monti, già bell'e pronto, provvisto di corde e piccozza...già, una piccozza, ma non come quelle moderne così piccole e leggere, la piccozza di quelle che c'erano a quei tempi, grande quasi quanto lui, e che gli cadde rumorosamente a terra proprio nel momento in cui passava la ronda.Giovanni Conti Ebbe il suo daffare, nonno Giovanni, per spiegare il proprio abbigliamento e quegli attrezzi non propriamente “cittadini” e, soprattutto, per convincere i gendarmi a non arrestarlo come “individuo sospetto”.

Era un gran brav'uomo nonno Giovanni, classe 1865. il capostipite delle tre generazioni di guide della famiglia Conti, che già fin da ragazzino aveva mostrato al padre Ignazio chiari segnali che con il gregge di famiglia non avrebbe funzionato, tanto era attratto dalle cime e dalle arrampicate e tanto gli piaceva indicare ai forestieri che lo incocciavano a pascolare, la via migliore per raggiungere la loro meta. Lasciò così le capre e le pecore ai propri fratelli, fece la propria vita fino a prendere il brevetto di guida alpina e vide poi la propria storia ripetersi col figlio Nello, allo stesso modo in cui Nello la vide poi ripetersi col figlio Mario: evidentemente la voglia di andar per monti si trasmetteva geneticamente nella famiglia Conti...

Si ferma un attimo Mario Conti, e sul suo viso appare un velo di tristezza: i ricordi non sono purtroppo sempre belli, bisogna sempre fare i conti con la vita, sempre troppo pronta ad elargire, insieme a gioie e soddisfazioni, anche delusioni e tristezza.

E un periodo triste e buio fu quello dell'Agosto del '34, quando il nonno, allora sessantanovenne, tornando da una delle sue tante traversate dell'Alto di Sella con una comitiva di Genovesi, iniziò ad urinare sangue. Fu una agonia veloce, quella causata dal “mal di pietra”, com'era allora chiamata l'infezione alle vie urinarie che impediva la minzione, e Giovanni se ne andò nel breve volgere di quattro giorni, con grande sconforto dei parenti e delle persone più vicine

A quel tempo il padre di Mario, Lionello detto Nello aveva 39 anni ed aveva già da tempo raccolto l'eredità paterna, visto che anche lui portava a giro per le Apuane, genovesi, fiorentini, pratesi e chiunque altro con la stessa competenza e cortesia del padre.

E allora ecco che gli occhi di Mario Conti tornano ad illuminarsi e gli torna il sorriso sulle labbra quando ripensa a tal Pupeschi di San Miniato, un brav'uomo, per carità, come pochi ne venivano per andar per monti a Resceto, ma di una dabbenaggine estrema, tanto che un giorno, convintissimo di far opera utile, partì di buon mattino, armato di una sega, per percorrere non si ricorda bene quale via di lizza. l'angolo delle Apuane che si vede da casa Conti.

Ritornò nel pomeriggio, cercando di Nello Conti e quando gli fu davanti gli riferì, col tono di chi sa il fatto suo, che tutti quegli alberelli, così mal tagliati lungo quella via di lizza li aveva definitivamente sistemati segandoli del tutto, così non avrebbero dato più fastidio ai cavatori. Si può ben immaginare quale sia stata la reazione del buon Nello Conti quando si rese conto che gli “alberelli” in questione altro non erano che i “piri” della via di lizza...

e poi ancora, quando a soli 11 anni, dovendo accompagnare una comitiva a percorrere la Cresta Garnerone senza averne la benché minima conoscenza, si fece istruire dal padre il quale gli spiegò che fino alla Cava 27 non avrebbe dovuto far altro che seguire il sentiero, ma che dopo, essendo il percorso di cresta totalmente pietroso, si sarebbe dovuto arrangiare seguendo soltanto le incisioni che i chiodi degli scarponi di chi era già stato lassù, avevano lasciato sulle rocce. E l'undicenne Mario si arrangiò talmente bene che nessuno si accorse che non era mai stato da quelle parti....

Prosegue Mario, e ancora traspare tanto orgoglio, quando ci racconta del suo corso da Guida Alpina all'ombra delle vette del Monte Rosa, così tanto più grande della sua Tambura ma anche meravigliosamente prodigo di gioie, di valori e di conoscenze di persone dal cuore grande quanto il suo, come Walter Bonatti e Carlo Mauri...era il 1956, Mario aveva 30 anni ed era ad Alagna Valsesia, prima il corso da “portatore” e poi quello da guida, una professione, quest'ultima, per una vita intera, portata avanti con competenza e serenità: mai un incidente grave, ci dice orgoglioso Mario, anche se una volta ci fu un giovane, un certo Ettore di Calenzano che, pur facendo la sua stessa uscita all'Alto si Sella, declinò fermamente la proposta di Mario di aggregarsi alla sua cordata perchè aveva fatto le Apuane sempre da solo e senza l'aiuto delle corde e perchè così voleva continuare a fare.

Quando Mario lo vide in palese difficoltà sotto di loro, attaccato alla roccia a mò di rana, incapace di proseguire e di tornare indietro, si staccò dalla cordata per andare ad aiutarlo, ma fu inutile: vide le dita delle mani di quel giovane allungarsi, vide i suoi occhi pieni di terrore e rassegnati allo stesso tempo e vide il suo volo finire 200 metri più in basso...a Mario non rimase altro da fare che scendere da lassù e tornare al paese per denunciare l'accaduto, risalire subito sul posto per il recupero del corpo e poi tornare di nuovo a Resceto...

Il sole ormai è tramontato, la Focolaccia, prima illuminata dal bianco accecante delle sue cave, adesso appare più rosea e una fresca brezza porta ancora alle nostre orecchie il frinire delle cicale nascoste nei castagni. Dobbiamo lasciare Mario ed Elisa alla lora cena.

Ci salutiamo con la promessa sicura di tornare a trovarli ogniqualvolta faremo un'escursione da quelle parti e ripercorriamo a ritroso il sentiero che unisce la casa alla carrabile: lo sguardo torna lassù, dove si intravede ancora l'ultima gobba del Cavallo, e sorridiamo ripensando alle parole di Mario di poco prima, allorchè, discorrendo circa la difficoltà di alcuni itinerari apuani, ci disse: “...la traversata del Cavallo?...sì, è una piacevole passeggiata...

[gv-12/08/2012]

Mario Conti è venuto a mancare il 4 Ottobre 2016, pochi giorni prima di compiere 90 anni. Il suo ricordo va ad aggiungersi a quelli del nonno Giovanni e del padre Nello, e, al pari del loro, resterà sempre impresso nei cuori di chi ama la montagna e le Apuane in particolare.