BRUGO
(Calluna vulgaris)
LO SPAZIO DI FABIO - rubrica curata da Fabio Frigeri
27 febbraio 2011

(f.f.) la Calluna vulgaris è pianta molto diffusa sulle montagne apuane. Essa diventa particolarmente vistosa durante la fioritura autunnale quando si ricopre di piccoli fiori rosa. L’escursionista distratto potrebbe confonderla con l’Erica carnea ma molto diversi sono i periodi di fioritura. Non è pianta protetta.

IL GENERE CALLUNA

Famiglia Ericaceae

Calluna Salisb. fu classificato da Richard Anthony Salisbury[1] nel 1802.

Il nome generico Calluna deriva dal greco καλλύνω (= abbellire, pulire) a sua volta derivato da κάλλος (= cosa bella, bellezza) in relazione all’uso dei rai di questa pianta per fare scope.

Il genere Calluna comprende la sola Calluna vulgaris. Esso si distingue dal genere Erica per avere la corolla e il calice divisi in quattro parti (tetrameri) e non in cinque (pentameri).

CALLUNA VULGARIS

Calluna vulgaris (Brugo)

Calluna vulgaris (L.) Hull

Classificata da John Hull[2] nel 1808.

Conosciuta anche come: Calluna vulgaris (L.) Salisb.

Conosciuta volgarmente come: brugo, scopetta e, impropriamente, erica. Esistono poi molte denominazioni dialettali.

Il nome specifico vulgaris deriva dal latino volgāris / vulgāris (= semplice, frequente) a indicare il fatto che è pianta comune e conosciuta.

La Calluna vulgaris somiglia all’Erica carnea, vegeta negli stessi habitat e presenta fiori dello stesso colore, ma, trascurando le evidenti differenze nei fiori e nelle foglie, le due specie hanno periodi di fioritura completamente diversi: l’Erica carnea nel tardo inverno e primavera mentre la Calluna vulgaris in autunno.

Questa pianta è assai variabile nelle dimensioni, nella pelosità e nel colore dei fiori e delle foglie per cui esistono diverse sottospecie e varietà. Inoltre l’uso come pianta ornamentale ho portato alla produzione di diversi cultivar.

È pianta che resiste bene alla siccità e si diffonde facilmente nei terreni percorsi da incendi. È presente nel sottobosco sia delle conifere che delle latifoglie come il castagno, è pianta tipica delle brughiere insieme all’erica. Ricordiamo che introdotta in Nuova Zelanda vi è diventata pianta infestante.

Essa è un importante nutrimento per gli animali che vivono sui monti quando la neve copre il terreno, essa è poi usata come lettiera per il bestiame.

Con i rami si fanno scope e la pianta si usa per produrre coloranti e tannini.

Contiene sostanze con proprietà astringenti, antiinfiammatorie e antisettiche per cui viene usata contro malattie delle vie urinarie, contro malattie della pelle, reumatismi e nevralgie.

La pianta è visitata dalle api per cui da essa si produce un miele uniflora molto scuro e aromatico leggermente amaro molto raro in Italia. È comunque un prodotto di difficile lavorazione e per questo è piuttosto costoso.

Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[3]:

953. – Calluna vulgaris – (L.) Salisb. [Calluna vulgaris (L.) Hull]

= Erica vulgaris – L.

= Calluna erica – D.C.

(luoghi in cui è stata osservata:) Comunissima nei boschi di collina di tutta la Provincia ed anche sebbene più raramente, in luoghi aridi asciutti del piano. Trovasi anche alla Tambura, al Sagro, al Cavallo, nel M. di Antona, fra il M. Bastione e Fosdinovo, al M. Orsaio e in vari punti del territorio di Pontremoli, di Mulazzo e di Zeri.

Volg. Sorcelli, rimbrentoli, brentoli, grecchia.

Fiorisce in settembre e ottobre. Pianta legnosa.

LA PIANTA

Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Dilleniidae; Ordine: Ericales; Famiglia Ericacae; Genere Calluna; Specie: Calluna vulgaris

Forma biologica: Camefita fruticosa (simbolo: Ch frut). Camefita (simbolo Ch): piante perenni e legnose alla base, con gemme svernanti poste ad un'altezza dal suolo tra i 2 ed i 30 cm. Fruticose (simbolo: frut): hanno un aspetto arbustivo.

Descrizione: piccolo arbusto sempreverde molto ramoso con portamento generalmente eretto che forma coperture dense e compatte. I fusti legnosi raggiungono i 50 cm di altezza, ma a volte possono superare il metro. Le foglie sono molto piccole, sono appressate ai rami, sono opposte e squamiformi. I fiori sono rosei e hanno il calice lungo il doppio della corolla, essi sono disposti alla terminazione dei rami in racemi unilaterali. Il frutto è una capsula.

Antesi: agosto – novembre secondo l’altitudine.

Tipo corologico: specie circumpolare molto diffusa nell’Europa settentrionale, Asia Minore, Siberia e America settentrionale. Vive in zone temperate e fredde con elevata piovosità ed estati brevi. In Italia è comune al nord, è presente al centro ed assente al sud e nelle isole.

Habitat: vegeta in ambienti acidi silicei e torbosi sia in pieno sole che all’ombra dalla pianura fino a 2000 metri. È componente essenziale di lande, brughiere ed è presente nel sottobosco. Sulle Apuane in particolare si trova nel castagneto.

Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette.

Altre foto relative a questa specie, presenti su questo sito possono essere consultate qui

 

Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.



note

 

1 Richard Anthony Markham, poi Salisbury (1761-1829) fu botanico inglese esperto particolarmente in ortocultura. Fu accusato di plagio e fu osteggiato dai botanici contemporanei, ma fu senz’altro uno studioso di valore.

2 John Hull (1761-1843) fu medico e botanico inglese. Si interessò in particolare della flora britannica.

3 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 197.