SILENE LANOSA
(Silene lanuginosa)
LO SPAZIO DI FABIO - rubrica curata da Fabio Frigeri
21 Novembre 2009

(f.f.) notevole endemismo apuano che può essere facilmente osservato e fotografato. I suoi bassi cespuglietti spiccano su rupi e pietraie calcaree ben esposte al sole.

SILENE LANUGINOSA

Il nome latino è Silene Lanuginosa Bertol.[1] ed è conosciuta come Silene lanosa. È denominata anche Melandrium lanuginosa (Bertol.) Rohrb.[2] o Silene auriculata Sibth. & Sm.[3] Subsp. lanuginosa (Bertol.) Arcangeli[4]. Silene lanuginosa

L’epiteto specifico lanuginosa deriva dalla peluria chiara che ricopre il margine delle foglie della rosetta basale. I peli costituiscono una difesa dalla perdita di acqua per traspirazione. Invece il termine generico Silene deriva dalla forma del calice che sostiene il fiore che ricorda la pancia di Sileno. Questi era un figlio di Pan ed era dotato di grande saggezza che, a volte, svelava agli umani. Era raffigurato come molto brutto col naso camuso e lo sguardo da toro e, appunto, un ventre molto grosso per l’abitudine ad ubriacarsi. C’è da rilevare comunque che il nome potrebbe derivare anche dal greco sialon (= saliva) in riferimento alla sostanza biancastra ed appiccicaticcia secreta da molte piante di questo genere.

A lungo la specie è stata confusa con Silene auriculata Sibth. & Sm. della quale era considerata sottospecie, questa pianta prospera in Grecia. Le differenze dipendono da alcuni caratteri morfologici che riguardano le foglie ed il fiore. Quindi è molto probabile che la Silene lanuginosa derivi da un’antica migrazione dalla penisola balcanica cui è seguito isolamento geografico dalla specie progenitrice e successiva differenziazione. Origine analoga dovrebbero aver avuto il Galium palaeoitalicum e l‘Athamanta cortiana. Mentre la seconda è strettamente apuana, la prima è presente in alcune località campane e calabresi (specie ad areale disgiunto).

Pietro Pellegrini così ne parla[5]:

190. – Silene auriculataSm.

= Silene lanuginosa – Bert.

Nel gruppo del M. Sagro nella parte a nord e a occidente nel luogo detto “il Poggio” ma particolarmente nella parte orientale che guarda la Valle del Catino (Bert.), alla Tambura (Bert., Cal.), fra il Carchio e l’Altissimo, fra il Puntone della Piastra e il Balzone nella Valle del Lucido.

Fiorisce in luglio e agosto. Pianta legnosa.

Vengono poi citate da Pellegrini anche: Silene inflata, Silene gallica, Silene nocturna, Silene sericea, Silene vallesia, Silene armeria, Silene saxifraga, Silene rupestris, Silene cretica, Silene nutans, Silene italica, Silene otites.

Il genere Silene comprende oltre trecento specie, per lo più erbacee, annue, biennali o perenni. La flora spontanea italiana ne conta una sessantina con grande variabilità di caratteri, esse poi si differenziano in sottospecie alcune delle quali potrebbero anche essere specie indipendenti. In passato veniva usato anche il nome di genere Cucubalus (usato anche da Pellegrini). Alcune varietà erano usate nell’alimentazione umana oltre che come foraggio.

LA PIANTA

Classificazione: divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Caryophyllidae; Ordine: Caryophyllales; Famiglia Caryophyllaceae; Sottofamiglia: Silenoideae; Genere Silene

Forma biologica: Emicriptofita scaposa (simbolo: H scap). Emicriptofita (simbolo H): pianta erbacea biennale o perenne con gemme svernanti a livello del suolo che sono protette dalla lettiera o dalla neve. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.

Descrizione: è una pianta erbacea, perenne alta da 10 a 20 cm. I fusti sono eretti e lanosi e legnosi alla base e da essa, ogni anno, viene emessa una rosetta di foglie verde-chiaro, quasi nastriformi, lunghe fino 10 cm e larghe 1 cm. Esse terminano a punta e presentano una peluria chiara sul margine dalla quale deriva il nome specifico. Le foglie del fusto sono ancora lanuginose ed acute. I fiori, dal diametro fino a 2 cm, hanno calice vescicoloso, lanoso e spesso arrossato con 5 petali bilobi. Dalla forma del calice deriva il nome del genere. Il frutto è una capsula ovoidale.

Antesi: da luglio ad agosto.

Tipo corologico: endemismo esclusivamente apuano dove è presente da tempi molto antichi.

Habitat: si trova ben presente dai 600 ai 1900 metri di quota nella porzione centro-settentrionale della catena apuana. Predilige il terreno calcareo, ma può trovarsi anche su terreni scistosi. Di preferenza ama le fessure della rocce su pareti verticali soleggiate, ma può trovarsi su pendii pietrosi e su detriti consolidati. È considerata come tipo ecologico: pianta casmofila (che vegeta sulla roccia).

Conservazione: la pianta è presente sia nella lista rossa nazionale che regionale nella categoria LR (lower risk) quindi non è considerata soggetta a particolari minacce. È chiaramente specie protetta presente come emergenza floristica in diverse SIR (Sito d’Importanza Regionale) locali ed è presente nella lista di attenzione del Repertorio Naturalistico Toscano (RENATO).

Altre foto possono essere consultate qui

Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.



note

1 Bertol. è l’abbreviazione che viene usata dopo il nome latino delle piante descritte e classificate da Antonio Bertoloni (Sarzana 1775 – Bologna 1869). Egli si laureò in medicina e si dedicò poi alla botanica ed è considerato il più insegne botanico italiano del 1800. Scrisse una monumentale opera in 10 volumi sulla flora italiana: “Flora italica: sistens plantas in Italia et insulis circumstantibus sponte nascentes”. Egli descrisse questa pianta nel 1854.

2 Rohrb. È l’abbreviazione usata per indicare le piante classificate da Paul Rohrbach (Berlino 1846 – Berlino 1871), botanico esperto specialmente di orchidee.

3 Sibth. si riferisce a John Sibthorn (Oxford 1758 – Bath 1796) botanico inglese. Sm. Si riferisce a Sir James Edward Smith (Norwich 1759 – 1828) botanico ed entomologo inglese collaboratore di Rohrbach del quale continuò l’opera dopo la sua morte prematura.

4 Giovanni Arcangeli (Firenze 1840 – Pisa 1921) botanico, professore universitario fu direttore dell’Orto Botanico di Pisa dal 1882.

5 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 51- 54.