(f.f.) il carpino nero è ben presente nei boschi apuani e fu usato in passato sia per produrre carbone che come ottima legna da ardere.
IL GENERE OSTRYA
Famiglia Betulaceae.
Ostrya Scop. fu classificato da Giovanni Antonio Scopoli[1] nel 1760.
Il nome generico Ostrya deriva dal greco όστρεον, ου (= ostrica) a sua volta da όστέον, ου (= osso). Questo per la somiglianza del frutto, avvolto da brattee, con le valve dell’ostrica (a sua volta dura come l’osso).
Ostrya è un genere di piante comprendente una decina di piccoli alberi a foglie decidue presenti in Europa meridionale, Medio Oriente, Asia Centrale e America centro-settentrionale.
In Europa è presente solo Ostrya carpinifolia (carpino nero), specie presente anche in Italia.
Le piante di questo genere hanno una chioma conica o irregolare e corteccia ruvida e squamosa. Hanno foglie alternate, lunghe 3-10 cm con margine doppiamente seghettato. Sono piante monoiche con fiori maschili lunghi 5-10 cm e fiori femminili 2-5. Le infruttescenze sono pendule e lunghe 3-8 cm e sono racchiuse da un involucro formato da brattee saldate insieme.
Il legno è pesante e molto duro.
OSTRYA CARPINIFOLIA
Ostrya carpinifolia Scop.
Classificata da Giovanni Antonio Scopoli nel 1760.
Conosciuta volgarmente come: carpino nero, carpinella.
Il nome specifico carpinifolia deriva da carpĭnus, i (= carpino) e da fǒlǐum, ǐi (= foglia). Questo è in relazione alla forma delle foglie simili a quelle del carpino bianco (Carpinus betulus) pianta appartenente a un altro genere delle Betulaceae.
Il nome carpino deriva dal latino carpĭnus, i (= carpino) e, in italiano denota due piante di genere diverso: il carpino bianco (Carpinus betulus) e il carpino nero (Ostrya carpinifolia). Le differenze principali tra le due piante sono le seguenti.
Carpino bianco: ha corteccia grigio-chiara e liscia; fiori maschili brevi e primaverili; foglie con nervature più evidenti; frutto portato da involucro foglioso a tre lobi.
Carpino nero: ha corteccia marrone-brunastra e screpolata; fiori maschili lunghi e visibili già in autunno; foglie con nervature meno evidenti; frutto portato da involucro foglioso semplice.
Il carpino nero è presente nell’Europa sud-orientale e in Turchia. In Italia vegeta in tutto il territorio nazionale dalle Prealpi all’Appennino e, sporadicamente, nelle isole maggiori.
È specie con esigenze limitate, tollera bene terreni calcarei e suoli asciutti. Per questo viene usata per colonizzare ambienti degradati e poveri. È usato come pianta ornamentale in parchi e per alberature cittadine.
Esso si associa al cerro (Quercus cerris), alla roverella (Quercus pubescens) e all’orniello (Fraxinus ornus) in collina mentre nella media montagna si associa al faggio (Fagus sylvatica) e all’abete (Picea abies). È presente fino ai 1200 metri.
Il legno è pesante, duro, di color rosso-bruno ed è di difficile lavorazione. In passato veniva usato per produrre attimo carbone e oggi è usato essenzialmente come combustibile.
Il polline è piuttosto allergenico.
Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[2]:
1315. – Ostrya carpinifolia – Scop.
= Carpinus ostrya – L.
= Ostrya vulgaris – W.
(luoghi in cui è stata osservata:) Comune nei boschi lungo il Frigido dalle sorgenti (Bert.) al ponte della ferrovia, al Castello di Montignoso e nella valle sotto il M. Carchio, tra la Rocca e i Tecchioni, al M. di Pasta e a Massa Vecchia, al Mirteto e in tutta la valle della Foce. Fra Codena e Bedizzano, a Gragnana, a Noceto, a Fossola, a Fontia, a Moneta, a Castelpoggio, tra Carrara e Colonnata (Ross.). Tra Caniparola e Fosdinovo e tra Fosdinovo e Ceserano, a Fivizzano e sue frazioni, nei monti del territorio di Aulla e di Caprigliola, tra Terrarossa e Licciana, fra Comano e Tavernelle, nel territorio di Villafranca e di Filattiera, a Tresana, a Mulazzo, a Zeri e in tutto il territorio di Pontremoli.
Volg. Carpino nero o carpinella.
Fiorisce in aprile e maggio. Pianta legnosa
LA PIANTA
Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta; Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Hamamelidae; Ordine: Fagales; Famiglia: Betulaceae; Genere: Ostrya; Specie: Ostrya carpinifolia
Forma biologica: fanerofita arborea (P scap). Fanerofita (simbolo: P) è una pianta perenne e legnosa con gemme svernanti poste a più di 30 cm dal suolo. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.
La pianta può avere anche forma biologica di: Fanerofita cespugliosa (simbolo: P caesp). Cespugliosa o cespitosa (simbolo: caesp) significa che il portamento è cespuglioso.
Descrizione: pianta arborea decidua alta fino a 20 metri con tronco diritto e chioma un po’ allungata. La corteccia è dapprima rossastra poi grigia-cinerea liscia e compatta. Le foglie sono brevemente picciolate, alterne, ovali, con margine doppiamente seghettato e sono lunghe da 4 a 8 cm. È pianta monoica con fiori piccoli che compaiono prima delle foglie, quelli maschili raccolti in amenti penduli lunghi 8-10 cm e in gruppi di 2-3 e quelli femminili in amenti lunghi 3 cm provvisti di brattee. Le infruttescenze sono ovoidali, pendule, lunghe fino a 6 cm e maturano tra luglio e settembre. Esse sono formate da acheni chiusi in brattee biancastre saldate per i margini a formare una sorta di vescica chiusa biancastra.
Antesi: aprile – maggio.
Tipo corologico: Europa meridionale e nella zona del Mar Nero. In Italia in tutto il territorio nazionale eccetto la Val d’Aosta.
Habitat: cespuglieti e boschi cedui fino a 1200 metri. Ama terreni soleggiati e umidi ben drenati, ma vegeta anche su terreni secchi.
Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette.
Altre foto possono essere consultate qui
Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.
note
1 Giovanni Antonio Scopoli (1723-1788) fu medico e naturalista italiano originario del Trentino, allora parte dell’Impero Austriaco. Insegnò all’Università di Pavia e descrisse diverse specie animali e vegetali secondo il metodo di Linneo. Nel 1760 pubblicò Flora carniolica testo poi rivisto 12 anni dopo.
2 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 264.