CERRO
(Quercus cerris)
LO SPAZIO DI FABIO - rubrica curata da Fabio Frigeri
2 maggio 2013

(f.f.) il cerro è pianta di alto fusto presente sulle montagne apuane, ma la sua diffusione si è ridotta nel tempo per lasciare spazio ai castagneti sin dal medioevo.

IL GENERE QUERCUS

Famiglia Fagaceae

Quercus L. fu classificato da Linneo nel 1753.

Il nome generico Quercus deriva dal latino quercŭs, ūs usato per denominare sia la pianta che il suo frutto. Il temine latino è di derivazione controversa, forse da radici mediterranee.

Il genere Quercus è formato da circa 600 specie dell’emisfero boreale che si estendono fino a latitudini tropicali in Asia e America. Esse sono piante decidue o sempreverdi con portamento arboreo che possono raggiungere dimensioni notevoli; comunque esistono anche specie arbustive.

Le querce hanno un tronco massiccio con corteccia spessa che si screpola con l’età. Le foglie sono dentate o lobate, di color verde scuro e biancastro nella pagina inferiore.

Sono piante monoiche con infiorescenze maschili e femminili distinte. Le infiorescenze maschili sono amenti gialli penduli mentre quelle femminili sono brevi spighe verdi. Il frutto è un achenio oblungo, conosciuto come ghianda, circondato da una cupola di brattee, essa richiede da 6 mesi a 18 per maturare e contiene un seme o, più raramente, due o tre.

Tra le specie più comuni nel nostro paese ricordiamo:

Quercus cerris (cerro) decidua, di grandi dimensioni, il suo legno non è particolarmente pregiato.

Quercus ilex (leccio) sempreverde diffusa in tutta l’Italia centro-meridionale, il legno è usato come combustibile, le ghiande sono ottime per l’alimentazione dei suini e la corteccia è ricca di tannini usati in conceria.

Quercus petraea (rovere) decidua, di grandi dimensioni con folta chioma e legno di ottima qualità.

Quercus pubescens (roverella) decidua, di dimensioni medie e molto longeva, il suo legno è molto resistente, ma difficile lavorazione per cui è usato per costruire navi e strutture subacquee e, in passato, per la traversine ferroviarie[1].

Quercus robur (farnia) decidua, di grandi dimensioni, diffusa nelle regioni settentrionali, produce un legno molto resistente usato in falegnameria

Quercus suber (sughera) sempreverde che ama climi caldi, diffusa sulle coste tirreniche e, in particolare, in Sardegna. Dalla corteccia si ricava il sughero.

Il legno delle querce è particolarmente apprezzato in falegnameria e per la costruzione di imbarcazioni. Oggi è usato in enologia (sotto il nome complessivo di rovere) per costruire botti e barrique per affinare vini e liquori.

La corteccia delle querce è ricca in tannini usati per la concia delle pelli, inoltre essa ha proprietà medicamentose conosciute sin dall’antichità.

Le ghiande sono usate per l’alimentazione dei suini e, in certi casi, sono commestibili anche per l’uomo.

Purtroppo molte specie di quercia sono a rischio di estinzione per il largo uso del suo legno, per le variazioni climatiche e per la distruzione delle foreste in modo da aumentare il terreno disponibile per l’allevamento e l’agricoltura specialmente in Sud America.

Alle querce sono legate molte leggende e, ancora oggi, il ramo di quercia è simbolo di virtù, dignità e coraggio oltre che simbolo di forza in campo militare[2].

QUERCUS CERRIS

Quercus cerris L.

Classificata da Linneo nel 1753.

Conosciuta volgarmente come: cerro, quercia di Turchia, quercia di Palestina.

Il nome specifico cerris deriva dal latino cerrus, i (= cerro) forse derivante da una radice mediterranea *kaer (= bello) nel senso di bell'albero, proposta anche per il termine generico quercus.

Il cerro è un albero di grandi dimensioni alto da 25 a 35 metri. Ha tronco diritto e slanciato con rami robusti che formano una chioma ovale che poi diventa globosa e abbastanza densa. Esso può raggiungere il diametro di oltre un metro. Ha corteccia grigia e liscia che con l'età si scurisce e viene percorsa da scanalature profonde che mostrano lo strato sottostante di fellema rosso-aranciato. Le foglie sono di forma molto variabile e cadono tardivamente, alla fine dell'autunno. Variano da ellittiche a oblunghe e sono lunghe fino a 12 cm e larghe 7,5. Esse sono profondamente lobate e tomentose da giovani poi diventano coriacee e lucide nella pagina superiore mentre rimangono pubescenti in quella inferiore e quindi più chiare. È pianta monoica con fiori maschili penduli raccolti in amenti giallo-verdastri lunghi fino a 8 cm, quelli femminili sono piccoli e raccolti in spighe di 1-5 fiori. Il frutto è una ghianda lunga fino a 3-4 cm per metà coperta da una cupola a sua volta ricoperta di lunghe squame brune e tomentose. Le ghianda alla fine del primo anno sono piccole e simili a gemme e maturano l'anno seguente a ottobre. Esse sono ricche di tannino e quindi molto amare e poco appetite dagli animali fatta eccezione dei maiali che le gradiscono molto.

Il legno di cerro è molto duro e pesante, non contiene tannino, non resiste alle intemperie e non è facilmente lavorabile. Per questo non è considerato legno pregiato e oggi è usato essenzialmente come legno da ardere. La pianta vive da 150 fino a 200 anni.

Possiede un apparato radicale molto sviluppato e profondo mediante un fittone esteso che permette alla pianta di sopportare bene la siccità. Il cerro offre protezione dall'erosione del terreno, inoltre la sua chioma espansa lo rende un'ottima pianta da parco ed è pure usato per proteggere le coste dai venti marini.

Il bosco di cerro è tipico della fascia vegetazionale compresa tra i boschi collinari (dominati da carpino nero e roverella) e le faggete montane. Comunque il cerreto è stato sostituito dall'uomo con il castagneto in particolare nell'Italia settentrionale. Vaste cerrete di alto fusto esistono ormai solo nel sud Italia.

Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[3]:

1322. – Quercus cerrisL.

(luoghi in cui è stata osservata:) Comune nei boschi tra Fosdinovo e Castelpoggio, al M. Pizza, a Ceserano, a Soliera, a Debicò, a Posara, a Agnino e in vari luoghi del fivizzanese, in territorio di Aulla alla Quercia, a Canova, a Serricciolo, a Pallerone, a Bibola, nei boschi di Mulazzo a Boceda e tra l'Arpiola e Montereggio, a Gavedo e al canale dell'Acqua Salata, a Tresana tra Bola e Giovagallo, a Podenzana. Al M. Fragolito sopra Montignoso (Simi). Tra Licciana e Tavernelle, in varie frazioni del bagnonese, a Sommocomano, a Ugliancaldo e nel restante territorio di Casola, nella valle del Lucido, nei boschi di Zeri e di Pontremoli dove pure è comune.

Volg. cerro. Fiorisce in aprile. Pianta legnosa.

Pellegrini cita altre specie dello stesso genere: Quercus ilex L. [Quercus ilex L. subsp. ilex]; Quercus pedunculata L. [Quercus robur L. subsp. robur]; Quercus pseudo-suber Santi. [Quercus crenata Lam.]; Quercus sexifolia Salisb. [Quercus Quercus robur L. subsp. robur]; Quercus suber L.];

Il cerro sulle Alpi Apuane

Sulle Alpi Apuane le cerrete sono state in gran parte eliminate e sostituite con castagneti come è successo in gran parte del territorio nazionale.

Oltre la fascia collinare del querceto-carpineto prevaleva, in passato, il cerreto-carpineto in cui, oltre al cerro, erano presenti il carpino bianco (Carpinus betulus), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il nocciolo (Corylus avellana), l'orniello (Fraxinus ornus), l'acero campestre (Acer campestre) e l'acero opalo (Acer opulifolium). Il cerreto-carpineto si trovava a oltre 1000 metri nel versante a mare e a 800 nel versante interno.

A partire dal medioevo si affermò la pratica di sostituire il cerro con il castagno (Castanea sativa) per ricavare legna e frutti per il sostentamento delle popolazioni locali in questo modo il cerreto-carpineto è praticamente scomparso.

LA PIANTA

Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta; Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Hamamelidae; Ordine: Fagales; Famiglia: Fagaceae; Genere: Quercus; Specie: Quercus cerris

Forma biologica: fanerofita arborea (P scap). Fanerofita (simbolo: P) è una pianta perenne e legnosa con gemme svernanti poste a più di 30 cm dal suolo. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.

Descrizione: albero caducifoglio di grandi dimensioni, può raggiungere i 35 metri di altezza, il tronco è diritto e slanciato e può superare il diametro di un metro. Ha rami robusti che formano una chioma globosa. La corteccia è grigio marrone scuro che si screpola con l'età facendo emergere lo strato sottostante color rosso-aranciato. Le foglie hanno forma molto variabile e cadono tardivamente, di solito sono oblungo-obovate e arrotondate alla base, esse sono profondamente lobate e appuntite. Sono tomentose e biancastre da giovani e poi diventano lucide nella pagina superiore mentre rimangono pubescenti e più chiare in quella inferiore. È pianta monoica con fiori maschili penduli raccolti in amenti giallo-verdastri lunghi fino a 8 cm, quelli femminili sono piccoli e raccolti in spighe di 1-5 fiori. Il frutto è una ghianda che matura il secondo anno, essa è coperta per metà da una cupola emisferica formata da squame lunghe e tomentose.

Antesi: aprile - maggio.

Tipo corologico: euro-mediterranea. Presente dalla Spagna fino all'Anatolia, alla Siria e al Libano, è naturalizzato in molte nazioni dell'Europa centrale e settentrionale. In Italia manca solo in Valle d'Aosta e in Sardegna, è sporadico al nord e più frequente sulla dorsale appenninica.

Habitat: terreni preferibilmente acidi e freschi, dai 100 ai 1200 metri a seconda della situazione climatica.

Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette

Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.



note

1 Questa pratica ha avuto risultati devastanti dal punto di vista ambientale basti pensare alla Basilicata e al massiccio disboscamento del Pollino.

2 Nel simbolo della Repubblica Italiana sono presenti sia il ramo dell’ulivo, simbolo di pace, che quello della quercia simbolo forza e coraggio.

3 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 265.