SALICE DELLE APUANE
(Salix crataegifolia)
LO SPAZIO DI FABIO - rubrica curata da Fabio Frigeri
27 febbraio 2010

(f.f.) il salice delle Apuane è un endemismo limitato alle Alpi Apuane abbastanza diffuso e facile a vedersi generalmente in quota e su terreni calcarei. È un arbusto di limitate dimensioni con infiorescenze molto belle che contrastano con il grigio della roccia su cui la pianta prospera. È pianta vulnerabile e quindi protetta poiché la limitatezza dell’areale di distribuzione ne mette a rischio la sopravvivenza.

IL GENERE

Il genere Salix fa parte della famiglia delle Salicaceae e comprende circa 300 specie distinte originarie dell’Asia e dell’Europa. Fanno parte del genere alberi che raggiungono 20 metri di altezza e arbusti perenni, le specie di questo genere sono generalmente decidue e dioiche[1]. Sono coltivate come piante ornamentali, come foraggio e per fare i vimini.

In Italia prosperano una trentina di specie che tendono ad ibridarsi tra loro. Tra esse ricordiamo:

  • Salix alba L. o salice bianco, utilizzato per consolidare le rive dei fiumi e come sostegno per le viti. Dalla sua corteccia si estrasse per la prima volta l’acido salicilico.
  • Salix aurita L. o salice dorato, piccolo arbusto usato come foraggio nella pianura padana.
  • Salix babylonica L. o salice piangente, originario dell’estremo oriente è bella pianta ornamentale.
  • Salix purpurea L. o salice rosso, usato per fare vincastri o vimini.
  • Salix viminalis L. o salice da vimini, originario dell’Europa centrale e dell’Asia si è ben acclimatato nel nostro paese e viene coltivato per la produzione di vimini usati per lavori di intreccio. Da questa pianta trae origine il nome del Viminale, uno dei sette colli di Roma.

La corteccia di molte specie di salix contiene salicina e tannini. La salicina o acido salicilico è un antisettico che i nostri nonni usavano per fare le conserve di pomodoro, pratica che oggi viene sconsigliata per gli effetti collaterali della sostanza. Un suo derivato è l’acido acetilsalicilico noto perchè componente essenziale della comune aspirina, è analgesico, antipiretico, antinfiammatorio e svolge attività protettiva contro le malattie cardiovascolari.

Già Erodoto nelle sue Storie citava un popolo resistente alle malattie che aveva l’abitudine di masticare la corteccia di salice, ma esistono testimonianze anche più antiche risalenti agli Egizi e ai Sumeri.

SALIX CRATAEGIFOLIA

Salix crataegifolia Bertol.[2]Salice delle Apuane (Salix crataegifolia)

Nomi volgari: salice a foglie di farinaccio, salice delle Apuane, saltacapre.

Il nome generico deriva dal latino sălix, ĭcis (= salice, verga). Ricordiamo che per i popoli celtici sal lis significava vicino all’acqua e per i greci σάλοσ significava agitazione, moto che scuote quindi in entrambi i casi i termini si riferivano a caratteristiche proprie della pianta di salice. Comunque alcuni autori fanno derivare il nome latino da sāl, sălis (= sale) a causa del sapore salato della pianta e delle sue foglie che sin dall’antichità erano usate per combattere diverse malattie.

Il nome specifico crataegifolia significa “che ha le foglie come il farinaccio”. Questa pianta, detta anche sorbo montano, ha nome scientifico Crataegus aria L. ovvero Sorbus aria (L.) Crainz. A sua volta il termine latino crataegus deriva dal greco κράτος (= forza) e da αϊγ (= capra) da cui il nome greco del biancospino (Crataegus monogyna) con il significato “che dà forza alle capre”.

Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[3]:

1331. - Salix crataegifoliaBert.

= Salix phylicifolia – L. γ – crataegifolia – Bert.

(luoghi in cui è stata osservata:) Fra la Tambura e Resceto (Somm.) e in vari punti del gruppo della Tambura, alla Piastra Marina, nel lato orientale del Sagro sopra la valle del Catino, lungo il Frigido in loc. Valle delle Rose e sopra il Biforco, al Solco di Equi e sopra Vinca.

Fiorisce in giugno. Pianta legnosa.

Endemismi

Il Salix crataegifolia è endemismo esclusivamente apuano.

La classificazione degli endemismi è abbastanza controversa e i botanici hanno cercato, nel 1961, di fare chiarezza sulla questione introducendo i seguenti quattro gruppi di endemismi:

  • Paleoendemismo: sono specie isolate, monofiletiche (cioè con un albero genealogico privo di diramazioni) e antiche (paleo) non necessariamente originarie della zona in cui sono endemici. Anzi spesso la specie era diffusa anticamente in areali più vasti che si sono progressivamente ristretti di modo che si parla di areale relitto. Sono generalmente poco variabili e spesso in via di estinzione
  • Schizoendemismo: una popolazione originaria si sarebbe separata in popolazioni diverse in areali diversi a causa di fenomeni geomorfologici con conseguenti differenti storie evolutive che avrebbero portato alla formazione di nuove specie
  • Patroendemismo: è riferito a specie che si sono mantenute diploidi, quindi primitive, in un determinato territorio mentre in zone vicine hanno originato specie diverse poliploidi
  • Apoendemismo: è riferito a specie originatesi per poliploidizzazione da una specie diploide diffusa nelle zone vicine.

Così sostiene Fabio Garbari[4]:

Il suo isolamento sistematico e geografico, le caratteristiche delle infiorescenze e il numero cromosomico depongono per una sua antica origine. Può pertanto essere considerata un paleoendemismo.

La distribuzione e le sue caratteristiche la fanno considerare un relitto terziario. In particolare la posizione pendula delle infiorescenze (per quelle femminili limitata al momento della fioritura) è un carattere di primitività che alcuni autori considerano anello filogenetico che la collega al genere Populus.

Il portamento prostrato e la forma nana assicurano ai salici degli ambienti alpino-polari[5] la protezione sotto la neve e dai forti venti. La cuticola cerosa presente sulle foglie favorisce lo scorrimento dell’acqua evitando il congelamento, inoltre riduce la traspirazione e protegge dalla radiazione solare intensa ad alta quota.

Forse con i cambiamenti climatici successivi al terziario si sono evolute specie arboree di Salix come le conosciamo oggi, ma è rimasta traccia del passato nelle specie nane di cui il nostro Salix crataegifolia è importante testimonianza.

LA PIANTA

Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Dilleniidae; Ordine: Salicales; Famiglia: Salicaceae; Genere: Salix; Specie: crataegifolia.

Forma biologica: Camefita fruticosa (simbolo: Ch frut). Camefita (simbolo Ch): piante perenni e legnose alla base, con gemme svernanti poste ad un'altezza dal suolo tra i 2 ed i 30 cm. Fruticose (simbolo frut): hanno un aspetto arbustivo.

Descrizione: è un arbusto lungo circa 1 metro, eretto o prostrato. I rami giovani sono coperti da peluria abbastanza lunga di color rosso-bruno che cade precocemente. Le foglie sono ovato-lanceolate verdi e lucide nella pagina superiore e glauche[6] nella pagina inferiore che, nella foglia giovane, è coperta da fitta pelosità sericea che poi scompare. Le infiorescenze (amenti) maschili sono cilindrico-ovate e pendenti, quelle femminili sono un po’ più lunghe (1 x 12 cm) e strette, inizialmente pendenti poi assumono posizione eretta. La fioritura avviene prima dell’emissione delle foglie.

Antesi: da Maggio-Giugno

Tipo corologico: endemismo esclusivo delle Alpi Apuane.

Habitat: frequente dagli 800 metri fino alle vette. In qualche caso scende anche a livelli più bassi come in Garfagnana lungo la Tùrrite Secca in particolare sopra Tòrrite (nei pressi di Castelnuovo Garfagnana) a circa 300 metri. Vive in prevalenza su rupi calcaree, ma può trovarsi anche su terreni silicei. È pianta adattabile senza particolari esigenze di esposizione, infatti si trova bene sia su pareti nude e compatte in luoghi aperti e assolati sia in erbosi freschi e moderatamente ombrosi.

Conservazione: la specie è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette. Sia localmente che a livello nazionale è classificata VU cioè vulnerable (= vulnerabile) quindi esposta ad alto rischio di estinzione in natura. Naturalmente, non deve essere danneggiata.

Altre foto relative a questa specie, presenti su questo sito possono essere consultate qui

Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.



note

1 Dioico è termine riferito a specie vegetali che presentano fiori maschili e femminili distinti su piante diverse. Quindi è come se esistesse una pianta maschio ed una femmina che si distinguono solo alla fioritura. Ricordiamo per esempio il pungitopo, l’agrifoglio, il tasso e l’alloro.

2 Bert. è l’abbreviazione usata per le piante descritte da Antonio Bertoloni (Sarzana 1775 – Bologna 1869). Egli si laureò in medicina e si dedicò poi alla botanica ed è considerato il più insegne botanico italiano del 1800. Scrisse una monumentale opera in 10 volumi sulla flora italiana: “Flora italica: sistens plantas in Italia et insulis circumstantibus sponte nascentes”, Masi, Bologna, 1833-1854. E in particolare scrisse opere dedicate alla flora apuana come Flora alpium Apuanarum compresa nel testo: Amoenitates italicae sistentes opuscola ad rem herbarium et zoologiam Italiae spectantia, De Nobili, Bologna, 1819 e Mantissa plantarum florae alpium Apuanarum, Da Olmo e Tiocchi, Bologna, 1833.

3 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 267.

4 Fabio Garbari è docente di Botanica sistematica all’Università di Pisa ed ha dedicato molti studi alle piante apuane. La citazione è tratta da Introduzione a “Flora della Provincia di Apuania” in F. Garbari, A. Carducci, M. Ansaldi, G. Trombetti “Pietro Pellegrini 1867-1957”, Società Editrice Apuana, Carrara, 2009, pag 28. Questo testo accompagna in cofanetto il volume di Pellegrini citato alla nota precedente.

5 Tra essi ricordiamo: Salix reticulata L., Salix herbacea L., Salix retusa L., Salix serpyllifolia Scop.

6 Glauco: di color verde-azzurro, chiaro, per la presenza di cere di rivestimento.