FAGGIO
(Fagus sylvatica)
LO SPAZIO DI FABIO - rubrica curata da Fabio Frigeri
21 gennaio 2013

(f.f.) camminare per un bosco di faggi è un'esperienza unica: questi alberi si slanciano verso il cielo come colonne alte fino a quaranta metri e la luce danza tra le loro chiome e, da un momento all'altro, ci si aspetta di vedere qualche creatura fantastica comparire di fronte a noi. Sulle Apuane esistono ancora faggete molto belle come la Fanaccia sopra Gorfigliano.

Tytire tu patulae recubans sub tegmina fagi

silvestrem tenui musam meditaris avena[1];

IL GENERE FAGUS

Famiglia Fagaceae

Fagus L fu classificato da Linneo nel 1753.

Il nome generico Fagus deriva dal latino fāgus, i (= faggio). Si pensa che il termine latino derivi da una radice protoindoeuropea *bhāgos[2] la quale aveva un significato generico riferito a pianta di alto fusto. Infatti il termine greco φήγος, di origine analoga, si riferiva alle querce.

Fagus è un genere di piante arboree e arbustive caducifoglie presenti nelle regioni temperate di Europa, America e Asia (in particolare Cina e Giappone) con altezza variabile da 15 a 35 metri. Crescono bene in suoli diversi sia acidi e basici, ma sempre ben drenati.

Queste piante hanno fusto eretto con corteccia liscia e sottile di colore grigio, la chioma è ampia e di forma ovale. Sono piante monoiche con piccoli fiori femminili tondeggianti e fiori maschili riuniti in amenti penduli. Le foglie sono semplici, ovali e alterne più o meno dentellate. I frutti sono noci (faggiole[3]) contenute a gruppi di due in una specie di riccio provvisto di aculei morbidi.

Il genere comprende una decina di specie di cui solo Fagus sylvatica è presente in Italia e in Europa, tanto che è detto faggio europeo. Il faggio più diffuso in America è il Fagus grandiflora con foglie più grandi e ben resistente all'ombra. In generale le differenze tra le diverse specie di Fagus sono minime.

I frutti sono amari, ma commestibili come pure le foglie fresche. Il legno è usato come combustibile, per fare mobili e oggetti al tornio.

I faggi possono essere usati per decorare parchi e giardini, in particolare cultivar con colorazioni particolari delle foglie.

FAGUS SYLVATICA

Faggio (Fagus sylvatica)

Fagus sylvatica L.

Classificata da Linneo nel 1753.

Conosciuta volgarmente come: faggio, faggio europeo.

Il nome specifico sylvatica deriva dall'aggettivo latino silvātĭcus, a, um (del bosco, selvatico) in riferimento al fatto che questa pianta prospera nei boschi.

Il faggio è un albero caducifoglio alto al massimo 40 metri con diametro fino a due metri e chioma folta, arrotondata ed espansa. Ha fusto cilindrico ed eretto con corteccia liscia color grigio-cenere. Le radici sono a fittone, ma poi si espandono in larghezza con radici molto robuste che rimangono superficiali in terreni argillosi. Ha accrescimento lento e non è molto longevo raggiungendo, al massimo, i 300 anni di età. Nella parte basale del tronco si formano piccole protuberanze sferiche dette sferoblasti da cui si dipartono piccoli rami. Le foglie sono alterne, ovali e lunghe 6-8 cm, più chiare nella pagina inferiore, sono lucide e con margine ondulato. Esse in autunno assumono una caratteristica colorazione arancio o rosso-bruno. I fiori sono piccoli, quelli maschili raccolti in amenti penduli e quelli femminili raccolti a gruppi di due in un involucro che poi diventerà l'involucro dei frutti. I frutti sono noci brune a maturità racchiuse a coppie nella cupola che avvolgeva l'infiorescenza femminile le cui brattee diventano spinescenti, ma non pungenti. A maturità, a ottobre, la cupola si apre liberando i frutti che sono cibo gradito dagli scoiattoli.

Il faggio è specie europea distribuita dal sud di Svezia e Norvegia fino all'Italia meridionale e dalla Spagna fino alla Turchia dove si sovrappone al Fagus orientalis. Nell'Europa centrale e settentrionale è pianta di pianura mentre nel sud è pianta montana. In Italia è presente sulle Alpi e sull'Appennino ed è stata introdotta anche in Sardegna, dove era assente. Sulle Alpi è presente fino a 1200 metri, sui rilievi appenninici è l'albero più diffuso e raggiunge il limite della vegetazione arborea, cioè 1700 metri sull'Appennino settentrionale e 2000 su quello meridionale, come in Calabria e Basilicata. Quando le condizioni lo permettono il faggio si trova anche più in basso fino a 300 metri. Esso può formare boschi puri o associarsi con altre specie accompagnatrici secondo le condizioni climatiche, tra esse abete bianco, acero, quercia, tiglio e carpino. In condizioni sfavorevoli diventa arbusto prostrato e molto ramificato che sopporta il peso del manto nevoso per tempi molto lunghi.

Non è molto esigente per quanto riguarda il terreno purché sia drenato e non sia troppo acido, comunque preferisce ambienti con abbondanti precipitazioni ed elevata umidità e non tollera il freddo intenso e la siccità prolungata, in condizioni difficili predilige substrati carbonatici o dolomitici.

I cambiamenti climatici in corso che comportano lunghi periodi di aridità potrebbero compromettere la sopravvivenza del faggio nelle zone più meridionali dell'Europa, infatti il faggio necessita di almeno 1000 mm di pioggia ben distribuiti nel corso dell'anno, ma in particolare durante il periodo di formazione delle foglie.

Le giovani foglie sono commestibili bollite come pure le gemme. I frutti sono usati come mangime per suini e bovini e sono commestibili anche per l'uomo, ma con prudenza poiché contengono sostanze tossiche. Essi forniscono un olio di buona qualità e tostate danno un succedaneo del caffè.

A questa pianta sono attribuite proprietà antisettiche, astringenti, balsamiche e febbrifughe. Con la corteccia si fa un decotto contro la febbre, dal carbone del suo legno si ricava il creosoto che ha proprietà balsamiche ed espettoranti, anche se oggi questa sostanza è bandita poiché cancerogena. Dalle gemme si produce un macerato che stimola le difese organiche, riduce il colesterolo e stimola l'attività renale.

Il legno di faggio è molto duro e viene usato per fare mobili, pavimenti e oggetti al tornio, inoltre serve anche per costruire strumenti musicali e per fare il compensato. Nel nord Europa è usato per affumicare pesci e insaccati. Inoltre esso è un eccellente combustibile e viene usato anche per produrre la carta.

Molte sono le leggende e le usanze legate al faggio specialmente nel folklore nordico. Esso era considerato albero cosmico che unisce terra, cielo e inferi sostenendo e nutrendo il cosmo. A Roma la sommità del colle Esquilino era detta fagutal per la presenza di un bosco di faggi consacrato a Iuppiter fagutalis. Si presume che poi il culto del faggio sia stato sostituito con quello della quercia diventata l'albero di Giove.

Il faggio può essere usato anche come pianta ornamentale nei parchi e giardini in particolare alcune varietà come Fagus sylvatica var. atropurpurea con foglie rosso-vinoso e Fagus sylvatica var. pendula con rami spioventi. Gli agricoltori hanno selezionate una quarantina di cultivar apprezzate come piante decorative.

Il faggio sulle Alpi Apuane

Le faggete sono presenti sui versanti interni delle Alpi Apuane, caratterizzati da alta piovosità, sia su terreni silicei che calcarei da 800 metri fino a 1700, cioè fino al limite della vegetazione arborea. Oltre alle faggete pure, peraltro rare, si trovano boschi misti in cui predomina il faggio, ma compaiono pure Sorbus aucuparia (sorbo degli uccellatori), Sorbus aria (farinaccio), Salix caprea (salicone), Acer pseudoplatanus (acero di montagna), Betula pendula (betulla) oltre ad altre specie arboree meno frequenti.

Il versante tirrenico è più arido e ventoso e la faggeta è meno diffusa e compare sopra i 1000 metri e ancora più in alto su terreno calcareo. Inoltre in passato, in diverse condizioni climatiche, il faggio prosperava anche più basso come è testimoniato dalla presenza relittuale dello stesso a 300 metri nella valle della Turrite Secca.

Molto suggestive sono poi le forme contorte assunte dai faggi situati sulle creste ventose ricordiamo la cresta est del Monte Sumbra e quella nord-ovest del monte Altissimo.

Anticamente l'estensione del faggio era maggiore e l'uomo è intervenuto pesantemente disboscando per ottenere legna per riscaldamento, per alimentare forni da fusione dei metalli e per produrre carbone. L'esigenza di pascoli in quota e l'apertura di cave hanno ulteriormente ridotto l'estensione delle faggete. Inoltre i lavoratori del marmo usavano i legno di faggio per ottenere i pali necessari alla lizzatura e anche questo ha contribuito al degrado delle faggete.

In passato il bosco di faggio era coltivato a ceduo con tagli ravvicinati da 10 a 18 anni poiché questo albero ha scarsa capacità di rigenerarsi a polloni. Il taglio indiscriminato ha comportato danni fino a ridurre il bosco ad arbusteto. Alla fine del secolo XIX, in Toscana, nelle foreste demaniali, sono stati presi provvedimenti per lasciar crescere le piante fino ad alto fusto e per questo abbiamo oggi le faggete dell'Abetone, del Monte Amiata e di Vallombrosa. Nel contempo furono effettuati rimboschimenti a faggio nei pascoli di montagna, pratica attuata anche sulle Apuane negli anni 30 del secolo scorso, purtroppo dopo la guerra il rimboschimento ha usato solo conifere come abete bianco e pino nero. In questo modo è stata modificata la naturale composizione dei boschi con risultati non sempre molto gradevoli dal punto di vista paesaggistico.

Tra le faggete apuane più interessanti citiamo la Fanaccia sopra Gorfigliano, alle pendici del monte Pisanino, quella del Fatonero alle pendici del Fiocca, le faggete di Campocecina, di Campocatino e di Val Serenaia e quelle della valle di Vinca.

Così riporta il botanico apuano Pietro Pellegrini[4]:

1324. – Fagus silvatica L.

(luoghi in cui è stata osservata:) nella valle del Frigido al Forno, a Resceto, alla Tambura, alla Piastra Marina, al Sagro, e a Campo Catino. Sopra Vinca e al Solco di Equi, a Sassalbo sopra Fivizzano e a Mommio, al Pizzo d'Uccello, alla Cima di Gioia e alle cave del Piastrone, al M. di Antona. Al M. Lonzola, alla Cisa, al M. Cavezzana, al M. Giogallo e al piano della Faggiola, al M. Ballo del Lupo sopra Grondola, a Soccisa e Cargalla, a Navola, a Cervara e Braia di Pontremoli, a Montereggio, a Castevoli e al M. La Nuda di Mulazzo, a Linari e al Lagastrello presso Comano, alla Spolverina, a Fosdinovo, al M. Sillara e in reg. Fola di Bagnone.

Volg. Faggio. Fiorisce in maggio. Pianta legnosa.

LA PIANTA

Classificazione: Superdivisione: Spermatophyta; Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae); Classe: Magnoliopsida; Sottoclasse: Hamamelidae; Ordine: Fagales; Famiglia: Fagaceae; Genere: Fagus; Specie: Fagus sylvatica

Forma biologica: fanerofita arborea (P scap). Fanerofita (simbolo: P) è una pianta perenne e legnosa con gemme svernanti poste a più di 30 cm dal suolo. Scaposa (simbolo Scap): pianta dotata di asse fiorale eretto e spesso senza foglie.

Descrizione: albero deciduo alto fino a 40 metri con chioma ampia e globosa. Ha fusto eretto con corteccia liscia grigio cenere. Le foglie sono alterne, ovate e con margine ondulato e apice appuntito di color verde lucido, glabre a maturità pelose solo alle nervature. Pianta monoica con fiori maschili raccolti in amenti penduli giallastri e femminili disposti in infiorescenze biflore verdastre erette. I frutti sono noci coriacee portate a coppie entro la stessa cupola spinescente.

Antesi: maggio.

Tipo corologico: europea fino al sud della Norvegia. In Italia è presente in tutte le regioni eccetto che in Sardegna dove comunque si sta naturalizzando in aree ristrette.

Habitat: vegeta in terreni diversi purché areati, drenati e non troppo acidi. Sulle Alpi dai 700 ai 1200 metri, sull'Appennino settentrionale dai 700 ai 1600 e su quello meridionale dai 1200 ai 2000 metri.

Conservazione: la specie non è compresa nella LRT (Lista Rossa Toscana) delle specie vegetali protette. In alcun regioni ci sono limitazioni alla raccolta nello stato arbustivo e, naturalmente, sono protetti gli esemplari ultracentenari.

Altre foto relative a questa specie, presenti su questo sito possono essere consultate qui

 

Attenzione: le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimentari eventualmente indicati sono a puro scopo informativo. Decliniamo pertanto ogni responsabilità sul loro uso a scopo alimentare, curativo e/o estetico.



note

1 Publio Virgilio Marone (70-19 aC), Eclogae 1, 1-2. O Titiro, tu che stando disteso all'ombra di un ampio faggio con il flauto sottile un canto silvestre componi.

2 Dalla stessa radice deriva anche il *bōk germanico da cui Buche tedesco e beech inglese, termini usati oggi per indicare il faggio. Da notare poi che dalla stessa radice derivano i termine usati nelle due lingue per indicare libro poiché dalla corteccia di questa pianta si ricavava la carta.

3 Esiste un po' di confusione a proposito, in quanto alcuni chiama faggiole i frutti e altri gli involucri che li contengono.

4 Pietro Pellegrini “Flora della Provincia di Apuania ossia Rassegna delle piante fanerogame indigene, inselvatichite, avventizie esotiche e di quelle largamente coltivate nel territorio di Apuania e delle crittogame vascolari e cellulari, con la indicazione dei luoghi di raccolta”, Stab. Tip. Ditta E. Medici, Massa, 1942. Il testo è stato ristampato in copia anastatica nel maggio 2009 dalla Società Editrice Apuana di Carrara per conto della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara. Pag. 266.